Il termine “congedo parentale”, è utilizzato per definire l’astensione facoltativa della lavoratrice o del lavoratore.
Trascorso il periodo di congedo maternità, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi otto anni di vita del bambino, con un limite complessivo massimo di 10 mesi.
In particolare tale diritto compete:
- alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità (astensione obbligatoria), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
- al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi ovvero di 7 mesi qualora usufruisca dell’astensione facoltativa per un periodo continuativo non inferiore a 3 mesi. In quest’ultimo caso, il periodo massimo utilizzabile da entrambi i genitori viene elevato a 11 mesi;
- qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi. La situazione di “genitore solo” può verificarsi, oltre che in caso di morte di un genitore, o di abbandono del figlio da parte di uno dei genitori, ovvero affidamento del figlio ad uno solo dei genitori risultante da provvedimento formale, anche nel caso di non riconoscimento del figlio da parte di uno dei genitori. In quest’ultima ipotesi il “genitore solo”, richiedente il maggior periodo di congedo parentale, dovrà rilasciarne apposita dichiarazione.
Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.
In caso di fruizione del congedo parentale in modo frazionato è necessaria la ripresa effettiva del lavoro tra una frazione e l’altra: se le frazioni si susseguono in modo continuativo oppure sono intervallate soltanto da ferie, giorni festivi e, in caso di settimana corta, i sabati (anche quelli cadenti subito prima o subito dopo le ferie), sono conteggiati come giorni di congedo.
I genitori possono utilizzare il congedo parentale anche contemporaneamente e il padre ne può usufruire anche durante i tre mesi di astensione obbligatoria post–partum della madre (congedo di maternità) e durante i periodi nei quali la madre beneficia dei riposi orari.
La facoltà di fruire del congedo in esame è esclusa nel caso di morte del bambino o di interruzione della gravidanza.
Indennità per congedo parentale
Per i periodi di congedo parentale è dovuta alle lavoratrici e ai lavoratori fino al terzo anno di vita del bambino, una indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria. Il trattamento economico in esame si differenzia, pertanto, a seconda della durata del congedo e delle condizioni di reddito. In particolare l’indennità per il congedo parentale è pari al 30 per cento della retribuzione:
- per un periodo di astensione facoltativa massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi, senza condizione di reddito:
- per i genitori naturali, fino al terzo anno di vita del bambino;
- per i genitori adottivi o affidatari di bambini fino a sei anni di età, o tra i sei e i 12 anni entro i tre anni successivi all’ingresso in famiglia;
- per un periodo di astensione facoltativa massimo fino a dieci (o undici) mesi, qualora il reddito individuale del genitore interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico della assicurazione generale.
Il reddito individuale è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l’integrazione al minimo, vale a dire è costituito dal reddito assoggettabile all’IRPEF percepito dal genitore richiedente nell’anno in cui inizia il congedo, esclusa la prestazione in esame, il reddito della casa abitazione, i trattamenti di fine rapporto comunque denominati e i redditi derivanti da competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.
Per il calcolo della indennità nella ipotesi in cui la lavoratrice fruisca del congedo parentale immediatamente dopo il congedo di maternità, senza ripresa dell’attività, la retribuzione da prendere a riferimento è quella del periodo di paga quadri settimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello in corso del quale ha avuto inizio il congedo, con esclusione dei ratei delle mensilità aggiuntive. Qualora, invece, dopo il congedo di maternità, la lavoratrice riprenda l’attività lavorativa anche per un solo giorno, poiché si tratta di prestazioni diverse, si prende a riferimento, la retribuzione relativa a tale periodo di ripresa della attività, ancorché questo cada nello stesso mese in cui ha avuto inizio il congedo parentale.
L’indennità in esame è corrisposta con le stesse modalità previste per il congedo di maternità.
Trattamento previdenziale per congedo parentale
I periodi di congedo parentale ulteriori, compresi quelli che non danno diritto al trattamento economico, sono coperti da contribuzione figurativa, attribuendo come valore retributivo par tale periodo il 200% del valore massimo dell’assegno sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell’interessato ovvero con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della prosecuzione volontaria.
I periodi non coperti da assicurazione generale e corrispondenti a quelli che danno luogo al congedo parentale, collocati temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, possono essere riscattati, nella misura massima di cinque anni, a condizione che i richiedenti possono far valere, all’atto della domanda, complessivamente almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di effettiva attività lavorativa.
Congedo per malattia del bambino
Per congedo per la malattia del figlio, si intende l’astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia stessa.
Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per i periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all’anno, per le malattie di ogni figlio comprese fra i tre e gli otto anni.
La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, su richiesta del genitore, il decorso del periodo di ferie in godimento da parte del genitore.
Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto e ai congedi in parola non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore.
Per le assenze dovute a malattia del figlio non è prevista alcuna retribuzione.
Ai fini previdenziali, i periodi di congedo per malattia del figlio sono coperti da contribuzione figurativa fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
Successivamente al terzo anno e fino al compimento dell’ottavo anno di vita del bambino, è dovuta la contribuzione figurativa secondo le modalità di calcolo indicate per il congedo parentale.