Il contratto di lavoro a tempo parziale (part-time) è un contratto di lavoro di tipo subordinato, che può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, esso si contraddistingue per la riduzione dell’orario di lavoro se lo si paragona all’orario di lavoro pieno (40 ore settimanali).
La legge di riforma del mercato lavorativo interviene sul contratto a tempo parziale per stimolare il buon utilizzo di questa tipologia di contratto.
Oggi è data ai lavoratori la possibilità di modifica, nei contratti a tempo parziale, di clausole “flessibili” che un tempo era data solo ai datori di lavoro.
Il contratto di lavoro a tempo parziale viene scandito in tre diverse tipologie:
- contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale in cui l’orario di lavoro giornaliero risulta inferiore all’orario di lavoro a tempo pieno (4 ore al giorno la mattina);
- contratto di lavoro a tempo parziale verticale in cui l’orario di lavoro è uguale all’orario di lavoro a tempo pieno (8 ore al giorno) ma solo per alcuni giorni della settimana (ad esempio 3 giorni a settimana);
- contratto di lavoro a tempo parziale misto in cui si ha una mescolanza delle due tipologie sopra descritte (ad esempio 5 ore al giorno per una settimana ogni mese).
Il contratto di lavoro a tempo parziale viene redatto in forma scritta per dare prova della sua esistenza ad ambo le parti interessate e deve contenere:
- la durata della prestazione lavorativa;
- l’assetto temporale dell’orario in relazione al giorno, alla settimana, al mese e all’anno (ad esempio 4 ore al giorno, 4 giorni la settimana, una settimana al mese).
Se dovesse mancare il contratto di lavoro scritto si può provare, comunque l’esistenza della prestazione lavorativa a tempo parziale usufruendo di testimoni. Se ciò non fosse possibile, il lavoratore potrà chiede al giudice di dichiarare l’esistenza di una prestazione di lavoro a tempo pieno.
Solo nel caso di contratto di lavoro orizzontale è possibile una prestazione supplementare rispetto all’orario concordato, avendo, ovviamente il consenso del lavoratore. I Contratti Collettivi Nazionali di lavoro stabiliscono il numero massimo di ore supplementari, e le conseguenza nel caso in cui il tetto venga superato. La nuova Riforma del lavoro “Jobs Act” introduce una novità: nel caso in cui non ci siano regole specifiche previste dal contratto nazionale di riferimento, il decreto di Riforma Contratti prevede, al comma 5 dell’articolo 4, che il datore di lavoro possa “richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 15% delle ore di lavoro settimanali concordate”.
Il lavoro straordinario è consentito solo per le forme di contratto di lavoro a tempo parziale verticale e misto. Per le clausole flessibili ed elastiche ci sono, invece, delle novità: il datore di lavoro può variare l’orario concordato (comunicandolo con un anticipo di due giorni). Questa variazione, se non vi è nessuna clausola nel contratto collettivo, non può superare il 25% dell’orario precedentemente stabilito. Le clausole flessibili ed elastiche possono riguardare, per tutti i tipi di contratto di lavoro a tempo parziale , la variazione della collocazione temporale della prestazione, mentre solo per quelli di tipo verticale o misto, l’aumento della prestazione lavorativa. I contratti collettivi fissano:
- condizioni e modalità per modificare, da parte del datore di lavoro, la collocazione temporale della prestazione lavorativa;
- condizioni e modalità per variare in aumento la durata della prestazione lavorativa;
- limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa;
- condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l’eliminazione o la modifica delle clausole flessibili ed clausole elastiche.
Se il contratto nazionale di riferimento non contiene questi elementi, le regole sulle clausole flessibilità vanno concordate fra le parti davanti alle Commissioni di certificazione previste dall’articolo 76 del decreto legislativo 276/2003, comprendendo le modalità e le condizioni con cui il datore di lavoro può effettuare le variazioni (pena la nullità dell’accordo). Ricordando che non è possibile concordare un aumento di ore superiore al 25% di quanto inizialmente contrattato.
Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole di un lavoratore a tempo pieno inquadrato nello stesso modo. Il trattamento economico del lavoratore parziale è proporzionale all’orario ridotto. Nel contratto di lavoro a tempo parziale verticale, ci possono essere delle differenze con il tempo pieno, nel periodo di prova e in quello di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia o infortunio.
I contratti nazionali possono prevedere una percentuale di maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto, in caso di lavoro straordinario, e anche di stabilire che l’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante l’applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare. In mancanza di indicazioni nel contratto nazionale, il lavoro supplementare è retribuito con una percentuale di maggiorazione sulla retribuzione oraria globale pari al 15%, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
Anche per quanto riguarda le clausole flessibili ed elastiche, se non ci sono indicazioni nel contratto collettivo, è fissato il diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria pari al 15%, comprensiva dell’incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
Se il lavoratore si rifiuta di passare al contratto di lavoro tempo parziale questo non costituisce un valido motivo di licenziamento (anche se si rifiuta di concordare una variazione dell’orario). Fra le modifiche apportate dalla Riforma Jobs Act , ricordiamo la possibilità di richiesta di part-time spettante ai genitori in luogo del congedo parentale. Può essere richiesto una sola volta, nel corso dei primi 12 anni di vita del bambino in cui è previsto il congedo parentale, con una riduzione massima di orario pari al 50%. In questo caso, il part-time dura per il periodo corrispondente al congedo parentale (dieci mesi complessivo per i due genitori, con un massimo di sei a testa).
Con il Jobs Act si prevede anche il diritto alla trasformazione in contratto a tempo parziale orizzontale o verticale, per i lavoratori del settore pubblico e privato affetti da patologie oncologiche o da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, che comportano una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro è trasformato nuovamente a tempo pieno.
C’è invece priorità nella trasformazione del contratto a tempo parziale nei seguenti casi:
- patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, oppure una totale e permanente inabilità lavorativa di una persona convivente a cui è riconosciuta invalidità al 100%, che ha necessità di assistenza continua;
- figlio convivente di età non superiore a 13 anni o con figlio convivente portatore di handicap: in entrambi i casi, la priorità esiste su richiesta del lavoratore.
In ogni caso, i lavoratori passati al part-time hanno il diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per le stesse mansioni o quelle equivalenti.
In caso di trasformazioni di contratto da tempo pieno a tempo parziale, il datore di lavoro deve darne tempestiva informazione al personale dipendente delle unità produttive collocate nello stesso ambito, mediante comunicazione scritta.