Contratti di lavoro

contratto di lavoroL’articolo 319 cpv. 1 della Costituzione definisce così il contratto di lavoro: “il contratto individuale di lavoro è quello con il quale il lavoratore si obbliga a lavorare al servizio del datore di lavoro per un tempo determinato o indeterminato ed il datore di lavoro a pagare un salario stabilito a tempo o a cottimo”.

Dal 2007 per entrare nel mondo del lavoro l’età minima è stata fissata a 16 anni, avendo l’obbligo scolastico per almeno dieci anni. La Legge n. 183 del 04/11/2010, stabilisce una singolarità: coloro che, compiuti i quindici anni, non abbiano assolto l’obbligo di istruzione, posso accedere al mondo lavorativo con un contratto di apprendistato, proprio per portare a termine l’istruzione e la formazione e arrivare ad avere una qualifica professionale.

L’ingresso nel mondo del lavoro è disciplinato da norme che definiscono le diverse tipologie di lavoro.

Nell’ordinamento italiano esistono molte forme contrattuali, di recente sono state introdotte delle nuove meno note.

Per rendere più duttile il mercato lavorativo la Legge 14/02/2003 (più nota come Legge Biagi) provvide a riassettare e ideare nuovi contratti di lavoro. In attuazione della norma venne emanato il D. lgs 10/09/2003 n. 276 che entro in vigore il 24/10/2003.

In seguito la Legge n. 92 del del 28/96/2012 (Legge Fornero) immetteva novità in materia di tutele dell’impiego, ammortizzatori sociali e contratti di lavoro. Dal 1° gennaio 2013 viene soppresso “il contratto di inserimento”, introdotto dalla Legge Biagi, che voleva inserire nel lavoro alcune categorie di persone, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del singolo in un certo contesto di lavoro, obbligando il datore di lavoro a stabilizzare una quota di apprendisti prima di assumere nuovo personale (per le imprese con almeno 50 dipendenti, la Legge n. 78 del 16/05/2014stabilisce che l’obbligo è almeno del 20%). Altre novità sono: il tetto di cinque mila euro annui per il lavoro accessorio e il lavoro a progetto è riconducibile solo a progetti specifici.

Dopo questo brevissimo cenno storico arriviamo ai giorni nostri e parliamo di contratti di lavoro col “Jobs Act” che è una Legge per apportare Riforme nel mondo del lavoro attraverso l’emanazione di decreti attuativi.

Le riforme previste con il Jobs Act prevedono temi come lavoro, welfare (settore dello Stato che si occupa delle fasce più deboli), pensioni e ammortizzatori sociali (disposizioni per coloro che si trovano in stato di disoccupazione).

Alla fine di giugno del 2015 è entrato in vigore il D. Lgs. 81/2015, il quarto decreto applicativo del Jobs Act, che modifica, oltre al codice civile, anche alcune leggi sul lavoro, abolendo due decreti e molti articoli. Ribatte la disciplina di molti contratti di lavoro, proponendo indicazioni precise.

All’articolo 1, il Decreto enuncia “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune del rapporto di lavoro”, facendo capire a quale tipo di lavoro portare i contratti.

Vediamo di seguito quali indicazioni fornisce il Decreto per i nuovi contratti.

  • Contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.): sono nati con la Legge Treu nel 1997, e la maggior parte sono stati trasformati in contratti a progetto (co.co.pro.). Il Decreto rinomina questo tipo di contratti “Collaborazioni organizzate dal committente”.

Questi tipi di contratti sono una categoria che si colloca nel mezzo tra un lavoro di tipo autonomo e un lavoro di tipo subordinato, in cui si può operare in piena autonomia senza vincolo di subordinazione in un rapporto singolare e permanente con il committente all’interno dell’attività aziendale. Per ovviare al rischio che questi contratti celino lavori subordinati a minor costi e assistenza per i lavoratori, il Decreto stabilisce peculiarità per indicare quali siano i rapporti di collaborazione da presumere come subordinati, dal 1° gennaio 2016 le prestazioni organizzate dal committente devono riferirsi anche ai tempi e al luogo di lavoro.

Il Decreto stabilisce quattro eccezioni per le quali si annulla quanto indicato in precedenza:

  • Collaborazioni realizzate sulla base di accordi collettivi nazionali stipulati dai sindacati in ragione di particolari esigenze produttive e organizzative di uno specifico settore;
  • Collaborazioni relative a professioni intellettuali per la quali è necessaria l’iscrizione agli albi professionali (ingegneri, giornalisti, avvocati, ecc.);
  • Attività specifiche di componenti di organi di amministrazione e controllo delle società e di partecipanti a collegi e commissioni;
  • Prestazioni per associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate a federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate e enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (allenatori e istruttori, principalmente).

Il Decreto abolisce tutta la normativa esistente riferita a questo tipo di contratto, che resta salda solo per i contratti ancora in vita, le nuove indicazioni hanno efficacia dal 2016 e per i primi sei mesi non si potranno stipulare questi contratti.

Il decreto permette ai datori di lavoro che assumeranno i loro collaboratori a tempo indeterminato a partire dal 2016  la possibilità di condonare gli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali relativi a collaborazioni non genuine (anche a partita IVA). Il lavoratore dovrà però accettare di sottoscrivere in sede di conciliazione e certificazione (presso Commissioni dei Consulenti del Lavoro, Direzioni Territoriali del Lavoro, Università) un apposito atto di rinuncia a qualsiasi pretesa sul precedente rapporto e non potrà essere licenziato per 12 mesi (salvo che per giusta causa o giustificato motivo soggettivo).

  • Lavoro part-time: vengono cambiate le regole per il lavoro supplementare, cioè il lavoro aggiunto all’orario ridotto di lavoro ma concordato entro i limiti dell’orario a tempo pieno. I part-time non saranno più divisi in orizzontale, verticale o misto ma ci sarà nel contratto la dicitura “della durata della prestazione lavorativa e della collocazione dell’orario di svolgimento della stessa con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno”, questo vuol dire che il datore di lavoro può richiedere lavoro supplementare fino al 25% dell’orario settimanale, con un costo maggiorato del 15%, ad eccezione di indicazioni previste nei contratti collettivi. Il lavoratore può rifiutare il lavoro supplementare senza rischiare il licenziamento, se ci sono “comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale”.

Non cambia il lavoro straordinario il cui limite resta fisso a 250 ore annue e una maggiorazione stabilita dai contratti nazionali.

  • Lavoro intermittente: è un tipo di contratto con cui il lavoratore, che ha un età meno di 25 anni o più di 55 anni, si mette a disposizione di un datore di lavoro, che può disporne in modo intermittente secondo quanto stabilito dai contratti collettivi. Il contratto può richiedere massimo 400 giornate lavorative nell’arco di tre anni solari con il medesimo datore di lavoro, fatta eccezione per le categorie del turismo, pubblici servizi e spettacolo. Questa figura non può essere utilizzata per la sostituzione di lavoratori in sciopero o in imprese in cui ci siano in atto licenziamenti collettivi o lavoratori in cassa integrazione.
  • Lavoro a tempo determinato: il Decreto stabilisce che i contratti a termine non possono avere una durata superiore a tre anni, fatta esclusione per i contratti stagionali. È possibile un ulteriore anno di contratto solo se stipulato presso la Direzione Territoriale del Lavoro.
  • Contratti di somministrazione: è uno dei contratti più in uso. Questo tipo di contratto vede il coinvolgimento di tre figure: agenzia di somministrazioni, che devono essere autorizzate all’esercizio dell’attività e iscritte in un apposito Albo, il lavoratore e le imprese. In questo caso ci sono due contratti: un contratto di somministrazione redatto tra agenzia e impresa e un contratto di subordinazione tra agenzia e lavoratore che viene poi prestato all’impresa. i contratti possono essere a tempo determinato o indeterminato.
  • Apprendistato: resta immutato l’apprendistato più comune, quello chiamato “professionalizzante”, per imparare una professione, che si può svolgere tra i 18 e i 29 anni. Vengono modificate due tipologie di apprendistato cioè l’apprendistato per la qualifica e per il diploma che ora viene chiamato “Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore”; il Decreto consente agli studenti degli istituti scolastici statali di accedere all’apprendistato per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore. Il contratto è fruibile dai 15 ai 25 anni di età per 36 mesi.
  • Lavoro accessorio: parliamo di piccoli lavori occasionali, svolti direttamente nei confronti di imprese, pubbliche amministrazioni professionisti o famiglie. Il Decreto stabilisce l’aumento dell’importo annuale per lavoratore fino a 7.000 euro, con un massimo di 2.000 euro per committente.