La retribuzione costituisce il principale obbligo del datore di lavoro a fronte della prestazione fornita dal lavoratore (cfr. art 2094 e 2099 codice civile). La corrispettività tra le due contrapposte obbligazioni non va comunque intesa in senso assoluto, sia perché la misura della retribuzione deve comunque rispettare il minimo garantito dall’articolo 36 della Costituzione che enuncia : “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, a tutela della posizione del lavoratore, sia per la presenza nello svolgimento del rapporto di di numerose situazioni in cui permane l’obbligo retributivo a carico del datore di lavoro pur in carenza di prestazione lavorativa (come ad esempio nei casi di assenza per malattia, maternità, infortunio sul lavoro).
Nel nostro ordinamento non esiste una nozione unitaria di retribuzione, in quanto il legislatore ha fornito criteri di computo solo per alcuni istituti legali (ad esempio il trattamento di fine rapporto), né sussiste un principio valido a tratto generale secondo il quale per l’individuazione della retribuzione utile ai fini del calcolo dei vari istituti contrattuali debba necessariamente farsi riferimento alla “retribuzione globale” (retribuzione comprensiva di quanto complessivamente ricevuto dal lavoratore).
Per la determinazione di ciascuna voce retributiva occorre perciò individuare gli elementi che concorrono alla specifica base di calcolo secondo la disciplina contrattuale collettiva o individuale applicabile alla fattispecie.
Da ultimo occorre distinguere tra la retribuzione intesa come obbligazione corrispettiva del lavoro prestato e le nozioni di retribuzione imponibile ai fini previdenziali ed ai fini fiscali, ricavabili dallo stesso contesto normativo art. 51 DPR n. 917/1986, ma ciascuna caratterizzata da particolari deroghe ed eccezioni.
Il reddito di lavoro dipendente si forma da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta.
Non concorrono a formare il reddito:
- i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore;
- il vitto offerto da parte del datore di lavoro e le mense;
- le prestazioni di servizi di trasporto;
- l’utilizzazione delle opere e dei servizi, le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro per la frequenza degli asili nido e di colonie climatiche o per borse di studio;
- il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti;
- le somme trattenute al dipendente per oneri;
- le mance percepite dai croupier;
- le quote di retribuzione derivanti dall’esercizio, da parte del lavoratore, della facoltà di rinuncia all’accredito contributivo presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti.
Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente pari ad euro 46,48 al giorno, elevate ad euro 77,47 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo.
Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare.
Requisiti
In linea generale si riconosce natura retributiva alle erogazioni connotate dal carattere di:
- corrispettività, deve trattarsi di importi che trovano causa diretta o indiretta nel rapporto di lavoro. Se la prestazione viene a mancare cessa anche l’obbligo retributivo tranne nei casi espressamente previsti dalle legge (come ad esempio per le assenze per malattia, infortunio sul lavoro, maternità, permessi sindacali) ed eventualmente dal contratto collettivo;
- onerosità, la prestazione di lavoro subordinato si presume sempre effettuata a titolo oneroso, salvo che la gratuità venga provata, ma in modo rigoroso, desumendola dall’originaria volontà delle parti nonché dalle modalità di svolgimento del rapporto (Cass. 16/02/1993, n.1895);
- obbligatorietà, l’ erogazione deve costituire un obbligo per il datore di lavoro derivante dalla legge, dal contratto collettivo o individuale.
Non rientrano nel novero delle voci retributive gli importi che costituiscono rimborso spese, né le erogazioni che hanno carattere di liberalità. Occorre tuttavia precisare che un’erogazione liberale da parte del datore di lavoro può giustificarsi solo se occasionale e collegata ad eventi particolari: si ritiene infatti che la ripetitività dell’erogazione, pur inizialmente effettuata per determinazione unilaterale, privi l’erogazione stessa (anche se di ammontare variabile) dell’originaria funzione di liberalità attribuendole quella di corrispettivo della prestazione lavorativa (Cass., S.U:, sentenza 23/08/1990, n. 8573);
- determinatezza o determinabilità, l’importo di ogni singola voce retributiva è normalmente stabilito nel contratto individuale o collettivo di lavoro. Rispondono a questo requisito anche le voci di cui non sia predeterminato l’importo ma siano individuati i criteri di calcolo (ad esempio premio di produttività calcolato sulla base di parametri stabiliti nell’accordo aziendale istitutivo).