Lavoro nero: quando lo legalizziamo?

Lavoro nero

Lavoro neroNegli ultimi anni la disoccupazione è incalzata sempre di più, spingendoci ad accettare lavori con retribuzioni basse, senza le garanzie  di uno stralcio di contratto e con orari lavorativi impensabili. Parliamo del cosiddetto lavoro nero.

Il lavoro nero trova radici in tempi lontani, caratterizzato da condizioni di lavoro non idonee alle leggi che regolano la materia, sia dal punto di vista della sicurezza sul lavoro che dal punto di vista della regolarità contrattuale della prestazione lavorativa, contribuendo così ad alimentare l’evasione fiscale. In altre parole, il lavoro nero indica quel fenomeno in cui l’irregolarità delle prestazioni è totale, cioè  l’attività viene retribuita, ma non dichiarata alle autorità pubbliche, oppure lavoro grigio quando le irregolarità sono solo marginali e corrispondono a considerazioni di convenienza, come ad esempio l’occultamento di forme di contratto a tempo pieno attraverso l’utilizzo di contratti atipici.

Ci sono settori fortemente a rischio lavoro nero, quali , ad esempio, il lavoro agricolo, l’edilizia e il lavoro domestico, questo per l’elevata intensità del lavoro e per l’ampio ricorso a forme di sub-fornitura, soprattutto dove  i controlli sono più complessi a causa della stagionalità dei rapporti di lavoro e dell’elevato turnover del personale.

Negli ultimi tempi  il lavoro nero è aumentato anche in quei lavori in cui l’utilizzo della tecnologia rende più difficile il controllo e la scoperta delle irregolarità. In questo settore ne pagano le conseguenze i lavoratori giovani, i quali essendo ai primi approcci con il mondo del lavoro si trovano in una posizione di debolezza contrattuale.

Bisogna dire che il lavoro nero è fortemente legato al fenomeno dell’immigrazione, in quanto  per gli immigrati questa risulta essere l’unica possibilità di sostentamento e può facilmente trasformarsi in forme di sfruttamento lavorativo. Essi sono maggiormente inclini a ricoprire impieghi scarsamente specializzati, precari e logoranti dal punto di vista fisico.

Ma davvero il lavoro nero passa inosservato? Quali sanzioni sono previste per  il datore di lavoro che fa lavorare i dipendenti in condizioni irregolari?

Bisogna precisare che, affinché  si possa parlare di lavoro nero, deve esserci l’assenza della comunicazione di assunzione al Centro per l’impiego, in questo caso il datore di lavoro è punito con una sanzione amministrativa compresa tra 1.500,00 e 12.000,00 euro per ciascun lavoratore irregolare, con una maggiorazione di 150,00 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo realizzata. E’ reato anche l’omesso versamento delle ritenute previdenziali operate dal datore di lavoro sui compensi dei lavoratori dipendenti, a progetto e co.co.co., con conseguente applicazione di una multa fino a 1.032,00 euro, nonché di una possibile pena fino ai 3 anni di reclusione. Oltre alle sanzioni, laddove vi sia un utilizzo di lavoratori non a norma, in misura pari o superiore al 20% del personale utilizzato sul posto di lavoro, il datore può essere colpito anche dal provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.

È cambiato il funzionamento delle sanzioni per la lotta al lavoro nero per cercare di promuoverne la regolarizzazione.

Il Jobs Act ha modellato le maxi sanzioni sul lavoro nero, che vengono applicate in base al periodo in cui si è lavorato in nero, grazie al decreto semplificazioni approvato il 4 settembre 2015 che ha modificato anche le sanzioni per irregolarità nella gestione delle pratiche del rapporto di lavoro, quale registrazione dati, stipendio, busta paga, ecc.

Di seguito le sanzioni previste, in caso di lavoro nero:

  • da 1500,00 a 9.000,00 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego per un periodo fino a 30 giorni effettivi di lavoro;
  • da 3.000,00 a 8.000,00 euro per ciascun lavoratore, in caso di impiego fra i 30 e i 60 giorni;
  • da 6.000,00 a 000,00 euro, in caso di impiego oltre i 60 giorni.

In passato la multa andava da 1.950,00 a 15.600,00 euro per ciascun lavoratore irregolare, più 195,00 euro per ogni giornata di lavoro effettivo. Se l’irregolarità continuava, si applicava una nuova sanzione da 1300,00 a 10.400,00 euro, più 30,00 euro per ciascuna giornata successiva.

Potrebbe sembrare che le nuove sanzioni sono più dolci di quelle precedenti, ma la novità importante sta nel meccanismo, considerando le sanzioni per fasce e non più per singola giornata lavorativa, che di fatto segna un tetto massimo a quota 36.000,00 euro, prima, nel caso di lavoro nero per periodo molto lunghi le maxi sanzioni potevano invece salire molto di più, perché scattava una maggiorazione per ogni singolo giorno lavorato. Le sanzioni sono aumentate del 20% nel caso in cui il lavoratore sia straniero, oppure sia minorenne.

Un’altra novità è la reintroduzione della diffida (il personale ispettivo invita il datore di lavoro alla regolarizzazione, adottando uno sconto sulle sanzioni). La nuova normativa prevede che con  la diffida si stipuli un contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche parziale, con una riduzione di orario non superiore al 50%, oppure un contratto a tempo determinato, a tempo pieno, per un periodo non inferiore a tre anni. Il lavoratore non può essere licenziato prima di tre mesi. Entro 120 giorni dalla notifica del verbale, vanno provate l’avvenuta regolarizzazione e il pagamento delle sanzioni.

In base all’articolo n. 14 del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 che per  evitare la sospensione dell’attività imprenditoriale, che scatta se i lavoratori in nero sono superiori al 20% della forza lavoro, o in caso di gravi violazioni in materia di tutela e sicurezza sul lavoro, la regolarizzazione dei lavoratori.  Inoltre, la revoca della sospensione dell’attività imprenditoriale è possibile con il pagamento del 25% della somma dovuta, a condizione che l’importo residuo sia versato entro sei mesi, maggiorato del 5%.

Possiamo denunciare il lavoro nero senza essere perseguitati?

Il lavoro nero è perseguibile per legge: le imprese che impiegano personale con contratto di lavoro irregolare o senza contratto, omettono il versamento dei contributi o non rispettano quanto indicato nelle buste paga, rischiano sanzioni amministrative e previdenziali. Inoltre gli stessi lavoratori possono procedere legalmente con la denuncia di tali irregolarità, anche in forma anonima.
Il lavoratore irregolare può sporgere denuncia all’Ispettorato del Lavoro che ha sede presso la Direzione Provinciale del Lavoro competente dal punto di vista geografico, avendo cura di farsi supportare da testimoni e presentare quanto necessario per certificare la denuncia come ad esempio i dati relativi all’attività svolta sul posto di lavoro, l’inizio e la fine  della prestazione lavorativa e gli orari di lavoro e la retribuzione percepita.

È consigliabile che il lavoratore che ha denunciato si rivolga ad un avvocato per farsi seguire o in caso di difficoltà economiche o nel caso si voglia rimanere anonimi , ci si può rivolgere ad un sindacato per una vertenza legale, previa iscrizione.

Sarà premura del sindacato contattare il datore di lavoro e contestare le irregolarità, favorendo un incontro per verificare la possibilità di una conciliazione e in caso affermativo, il lavoratore verrà costantemente informato dal sindacato fino al definitivo accordo tra le parti. Viceversa se la conciliazione ha esito negativo, verrà avviato un processo presso il Giudice del Lavoro che dura uno o due anni circa.

In alternativa si può denunciare il datore di lavoro irregolare, rivolgendosi alla Guardia di Finanza, il lavoratore potrà comunque beneficiare dell’anonimato grazie alle tutele previste dalla Legge sulla Privacy.

La Corte di Cassazione stabilisce con sentenza che le testimonianze dei lavoratori possono essere utilizzate legittimamente, insieme ad altri elementi che valgano come prova per il recupero delle ritenute fiscali sui compensi per lavoro dipendente corrisposti ai medesimi lavoratori, non iscritti nei libri obbligatori.

Anche nei casi più disperati, lo sfruttamento non deve essere un’alternativa e non fidiamoci delle promesse vane che si protraggono nel tempo e che finiscono solo col deteriorarci fisicamente e mentalmente, denunciamo il lavoro nero: è un nostro diritto!

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