Aliquote, minimali e massimali, modalita’ di calcolo

AliquoteSulla retribuzione imponibile di ciascun lavoratore vengono calcolati i contributi previdenziali, con l’applicazione di determinate aliquote stabilite dalla legge, in parte a carico del datore di lavoro in parte a carico del lavoratore. Questa regola generale incontra però una serie di limiti: il rispetto di un limite minimo di retribuzione (cosiddetto minimale) per tutti i lavoratori; l’osservanza di un limite massimo (cosiddetto massimale); per i lavoratori italiani operanti all’estero il contributo si calcola su retribuzioni convenzionali stabilite dal Ministero del Lavoro; per alcune forme di contribuzione e per alcune categorie particolari viene operato un conguaglio contributivo a fine anno.

Minimale: per la generalità dei lavoratori dipendenti l’aliquota contributiva deve essere applicata in ogni caso su un limite minimo di retribuzione stabilito da leggi, regolamenti o contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali su base nazionale, quando ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo. Qualora la suddetta retribuzione imponibile risulti, però, inferiore ad un valore minimale determinato dall’INPS, i contributi si calcolano su quest’ultimo valore.

Il minimale viene definito dall’INPS annualmente ed ha validità per l’intero anno. Tale minimale non può essere inferiore a 9,50% del trattamento minimo mensile di pensione INPS ed è espresso in valori giornalieri.

Per ottenere il minimale mensile si deve moltiplicare il valore del minimale giornaliero per 26, questo risultato va confrontato con la retribuzione effettivamente pagata, e i contributi si calcolano su quella superiore tra le due.

In caso di assenze dal lavoro durante il mese occorre distinguere tra le seguenti ipotesi:

  • Assenze non retribuite (sciopero, permessi non retribuiti, ecc..): il minimale mensile si ottiene moltiplicando il minimale giornaliero per il numero di giorni retribuiti totalmente o parzialmente;
  • Assenze retribuite con indennità a carico degli istituti previdenziali e assistenziali e con integrazione a carico del datore di lavoro: in questo caso, il minimale non viene applicato sulle retribuzioni corrisposte dal datore di lavoro a titolo di integrazione di indennità a carico dell’INPS (ad esempio malattia, maternità o cassa integrazione) o dell’INAIL.

Massimale: i contributi INPS non incontrano limiti di retribuzione massima imponibile, salvo nel caso di contributi obbligatori dovuti per i lavoratori privi di anzianità contributiva. In questi casi opera un massimale annuo di retribuzione assoggettabile a contributi.

Aliquote: la somma percentuale (a carico di entrambe le parti del rapporto) da applicare alla retribuzione imponibile è composta da una serie di voci specifiche riferite alle diverse gestioni previdenziali e assistenziali dell’INPS.

A carico del datore di lavoro sono posti i contributi relativi alle seguenti assicurazioni:

  • Fondo pensioni (IVS);
  • Disoccupazione;
  • Fondo di garanzia del TFR;
  • Cassa unica assegni familiari;
  • Cassa integrazione guadagni;
  • Mobilità;
  • Malattia;
  • Maternità.

A carico del lavoratore risultano contributi relativi a:

  • Fondo pensioni;
  • Un contributo dell’ 0,30% se l’azienda rientra nel campo mdi applicazione della cassa integrazione.

Modalità di calcolo: l’imponibile previdenziale coincide normalmente con la retribuzione lorda, salvo il caso delle somme esenti da contribuzione, delle retribuzioni convenzionali e delle retribuzioni eccedenti il massimale (ove previsto).

Il computo dei contributi si effettua arrotondando l’imponibile contributivo all’unità di euro superiore se la frazione è pari o superiore ai cinquanta centesimi, oppure all’unità di euro inferiore se la frazione non raggiunge i cinquanta centesimi.

L’imponibile previdenziale, una volta definito, è base di calcolo sia dei contributi a carico del dipendente che di quelli a carico del datore di lavoro.

Qualora l’ammontare  dell’imponibile contributivo accertato sia inferiore al minimale e non sussista una delle cause che determinano l’esclusione del minimale,  i contributi devono essere calcolati sul valore minimale corrispondente.

In determinate situazioni il calcolo dei contributi avviene secondo criteri diversi rispetto alla regola generale.

Nel caso di assenze che comportano il pagamento dei trattamenti economici a carico degli istituti previdenziali e assistenziali (malattia, maternità e infortunio), alcuni contratti collettivi stabiliscono che la retribuzione dovuta al dipendente assente durante tale periodo, vada integrata fino a garantire la retribuzione netta che sarebbe spettata in caso di effettiva prestazione.

Occorre, pertanto, determinare l’importo che il datore di lavoro deve aggiungere all’indennità riconosciuta dall’istituto, tenendo presente che tale indennità non è soggetta a contributi. Il datore dovrà determinare l’integrazione avendo cura di maggiorare il valore dell’indennità a carico dell’istituto di previdenza di un coefficiente detto di lordizzazione.

Il calcolo che ne deriva è una riduzione del valore dell’integrazione a carico del datore di lavoro. Ciò evita che il dipendente percepisca di più durante la malattia rispetto a quando è in servizio.

Il coefficiente di lordizzazione si determina con il calcolo: 100 / (100 – ctr), dove “ctr” è la percentuale di contributi a carico del dipendente.

Se, ad esempio, l’aliquota a carico del dipendente è pari a 9,19% il coefficiente di lordizzazione sarà:

100 / (100 – 9,19) = 1,1012003

che, moltiplicato per l’importo dell’indennità INPS di malattia consente di ottenere il valore lordizzato. Tale ultimo valore verrà sottratto dalla retribuzione spettante al dipendente per il periodo di malattia, per determinare la quota a carico del datore di lavoro (integrazione).

Le eventuali trattenute effettuate dal datore di lavoro perché il dipendente ha usufruito di ferie (o permessi) in misura superiore a quella spettante, in base alle norme di legge o contrattuali collettive, costituiscono importi che diminuiscono la retribuzione complessiva percepita e, pertanto, diminuiscono la base i calcolo dei contributi.

Allo stesso modo la prestazione di lavoro ridotta per fruizione di permessi o comunque per assenze non retribuite, comporta che le somme trattenute o non corrisposte al dipendente divengono elementi di riduzione dell’imponibile previdenziale.